Adolescenti post-Covid: cosa è cambiato?

di Sara Feltrin

Come è cambiata la vita dei nostri ragazzi e dei nostri adolescenti durante il Coronavirus? E soprattutto, cosa è cambiato da quando l’unico via libera, l’unico vis a vis extra-familiare veniva dalla nuova serie TV di Netflix, che, mai forse come in questo momento, ha dato sollievo ai pomeriggi di devastazione e solitudine dei nostri ragazzi?

Cosa è cambiato da parte nostra ma soprattutto da parte loro?

Venice Beach (Los Angeles), murales realizzato da Pony Wave

Dobbiamo innanzitutto partire dalla definizione, per quanto in continua evoluzione, di adolescenza. Con questo termine si indica la fascia d’età compresa tra i 12 e i 19 anni, caratterizzata da notevoli cambiamenti sia sul piano fisico che su quello psichico. In questa fase gli adolescenti si trovano a scegliere tra i modelli vecchi e quelli nuovi, tra imposizioni e ribellioni, tra essere come si vuole o come si è, oppure come si dovrebbe essere. Sono anni in cui la famiglia non è più il primo punto di riferimento: in particolare le relazioni con il gruppo dei pari diventano il laboratorio in cui i ragazzi costruiscono piano piano la loro identità. Possiamo quindi capire quanto siano di fondamentale importanza le relazioni affettive extra-familiari (compagni di scuola, amici, partner ma anche insegnanti ed educatori) per il mantenimento del proprio Sè. 

Abbiamo visto ragazzi che di fronte al lockdown hanno reagito con tristezza e rassegnazione, altri con rassicurazione e conforto perchè, finalmente, la loro scarsa vita sociale trovava un’ottima giustificazione nel non dover uscire. Abbiamo visto ragazzi sereni perchè “vabbè dai, per fortuna a casa sto bene e i miei amici li sento lo stesso con le videochat”. Abbiamo visto ragazzi demotivati e delusi da una società (e forse anche un mondo) improvvisamente bloccati e incerti, in cui loro stessi hanno da sempre proiettato un loro senso d’identità, il loro futuro, la loro storia. 

Abbiamo visto ragazzi che però, nonostante rassegnazione e delusione, nonostante disagi e difficoltà riscontrati in diversi fronti (isolamento, scuola, convivenza forzata, eccetera), nonostante tutto, hanno saputo adattarsi e trovare la loro soluzione personale per fare fronte. E in questi mesi in cui la vita era diventata una scommessa al continuo adattamento, loro, i nostri giovani, hanno vinto la scommessa.

Ebbene sì, forse questa volta dobbiamo imparare da loro, imparare dalla loro creatività e dalla loro adattabilità: i nostri ragazzi hanno saputo escogitare e trovare una libertà alternativa con una tenacia inaspettata. Come in un videogioco, questo è stato un salto evolutivo in cui non vince solo chi è più bravo a smanettare su social e videochat di gruppo, ma chi, nonostante tutto, ha mantenuto con sé speranza in un tempo che ha saputo dare voce all’esperienza e all’agilità tecnologica che solo loro hanno saputo mostrare e dimostrare.

Sì perchè, prima, eravamo noi adulti a dettare regole e limitazioni temporali per non stare troppo davanti a quello schermo. Ora, gli adulti sono loro. Sono loro, ragazzi cresciuti, che ora ci mostrano come entrare sulle piattaforme online, linkare un contenuto e sistemare audio e video senza sembrare totalmente imbranati di fronte a capi o colleghi. Sono loro, adolescenti senza posto, che ora insegnano a noi come creare relazioni online e come linkarci col mondo.

D’altronde, improvvisamente e tutto d’un tratto, si sono trovati senza un banco di scuola, un parco in cui trovarsi, una fermata del bus e per di più, senza amici. Sicuramente la tecnologia corre in soccorso, però che ne è delle relazioni vis a vis? Che ne è degli abbracci confortanti del “ti capisco, anche a casa mia è uguale”? Che ne è dei pianti e delle urla di sfogo che solo gli amici sanno placare? Che ne è degli sguardi e del contatto fisico, tasselli fondamentali di sviluppo e di pubertà?

Sono cresciuti, come quando succede che, improvvisamente, ci troviamo a metterci in discussione e ridare un senso a tutto. Così hanno fatto loro: faccia a faccia con le loro risorse e le loro fragilità ad affrontare un periodo storico che non è, forse, il più difficile a livello mondiale, ma il più difficile della loro vita. 

Hanno dimostrato forse molta più maturità e più responsabilità di quella che ci aspettavamo. E nell’affermazione di una ragazza “Sì ma io mi autoregolo, seguo le lezioni e faccio tutto, con i miei tempi però perchè sennò mi fanno male gli occhi” c’è tutta la sperimentazione e l’esplorazione del proprio funzionamento individuale che questo Covid ha distrutto e, allo stesso tempo, maturato. Non sono bambini che hanno bisogno di mamma e papà , delle loro regole e delle loro ramanzine. Sono adolescenti che stanno cercando il loro posto e la loro identità. Perchè ricordiamo che dietro ogni schermo non c’è solo un alunno poco attento ma un ragazzo che si impegna (studiando ma anche non studiando) e intanto esplora e cresce

Proviamo quindi ad approfondire il motivo di quell’avatar tanto strano con i capelli blu perchè dentro quella pedina di gioco vive un vero e proprio alter-ego: la proiezione di loro stessi in un altro tipo di realtà, ma pur sempre loro stessi

Quindi, quando per l’ennesima volta non portano a termine qualche quotidiana faccenda domestica o quando sembra che non ci ascoltino, aspettiamo prima di rimproverarli e condannarli: perchè probabilmente proprio in quel non fare e in quell’ascolto semi-passivo, si manifesta la loro posizione, la loro libertà di scelta e di espressione che in questo difficile lockdown è stata zittita e messa a dura prova. Questo non significa permettere e giustificare la trasgressione di qualsiasi richiamo educativo, ma aiutarli a comprendere innanzitutto il motivo di tali comportamenti, ascoltandoli con rispetto e attenzione. In questo modo non offriamo loro solo ascolto e comprensione, ma li aiutiamo anche a mentalizzare le loro scelte, diventando maggiormente consapevoli di loro stessi.

Perchè le regole dell’ordine e della buona educazione loro le sanno benissimo, gliele abbiamo ripetute sicuramente un sacco di volte, fino forse, allo sfinimento. Il loro non seguirle molto spesso non è solo una semplice trasgressione normativa, ma una scelta, che, sebbene possa essere più o meno consapevole, è tuttavia necessaria e fondamentale, per dare sfogo a emozioni incomprese, dare un volto alla loro espressione e un senso a loro stessi.

Il ruolo di noi adulti è quindi quello di saperli accogliere, in tutte le loro forme, e aiutarli a gestire al meglio la loro emotività, accompagnandoli a raggiungere il meglio di loro stessi. 

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