Teen, Internet e Social Network

di Sara Feltrin

Esilaranti quanto insoliti video alla Tik Tok style, stories geolocalizzate dell’ultimo secondo postate su Instagram, post curiosi e sfoghi anonimi su Facebook e stati che, come su Whatsapp, per essere degni di nota devono rispondere al colpo di scena. Su YouTube la gara di visualizzazioni e seguaci per i corsi di fitness, yoga e pilates e, a seguire, i tutorial dell’handmade che invogliano e incentivano anche i più pigri demotivati.

Il XXI secolo si preannuncia così: all’insegna di cellulari e tablet diventati ormai vere e proprie estensioni di anima e corpo (chi esce più di casa senza cellulare, ormai?). E, come se non bastasse, è arrivata anche una pandemia mondiale ad accentuare ancor di più quella che si sta delineando come l’inizio di una realtà virtuale, aumentata.

Così, milioni e milioni di persone hanno dato il via, chi prima chi dopo, alle videochiamate, alla spesa online, alla ginnastica su YouTube e agli happy hour digitali. Tanto che persino il più cinico delle nuove tecnologie si è dovuto adattare all’utilizzo di questi marchingegni tanto spaventosi quanto efficienti. 

Volenti o nolenti, Internet e i nuovi dispositivi elettronici ci stanno inevitabilmente portando verso una nuova forma di realtà.

Come ci comportiamo noi adulti rispetto a questo? E, soprattutto, come si comportano i giovani e nostri adolescenti di fronte a questo tipo di realtà? Cosa pensiamo di conoscere riguardo a loro? Siamo sicuri che il nostro punto di vista sia condiviso con il loro?

Stiamo parlando di una realtà cresciuta pian piano assieme alle nuove generazioni, le quali hanno potuto masticare e conoscere con maggiore caparbietà il meccanismo elettronico e digitale. Ce l’hanno, come dire, nel sangue. Rispetto ad un adulto degli anni ’60 che si sente in qualche modo costretto a mettere da parte scaffali di quaderni ed enciclopedie, per i nostri teen ager la tecnologia digitale è pane quotidiano e l’era virtuale la realtà più spontanea e affabile, più facile, immediata e accomodante per i loro bisogni e per le loro necessità. Parliamo di necessità, non di passatempo. Ma quali sono queste necessità che vengono quasi magicamente esaudite e soddisfatte in rete?

Se fino a 20 anni fa la cerchia di amici (rigorosamente di paese, ovviamente) la si trovava in piazza, ora si affaccia allo schermo di un cellulare dall’altra parte della città; se i giri in bicicletta o sullo skate aiutavano a raggiungere case di amici e luoghi di ritrovo, qualche piroetta freestyle per lanciare la sfida dell’ultimo minuto, ora è sufficiente starsene sdraiati sul letto della propria camera per raggiungere qualunque parte del mondo; le sfide sono diventate challenges fatali in cui, per fermarsi (e affermarsi), un ginocchio sbucciato non basta più. Allora nascono quegli strani video di Tik Tok, ripetuti e ripresi fino allo sfinimento, o quella sfilza di stories pubblicate su Instagram nate per essere visti, spiati, guardati o semplicemente, per essere nel social. Che spesso però, nulla ha a che vedere con l’essere social, ovvero quell’essere sociale con cui Aristotele definiva l’uomo. Tuttavia, sia nel ‘300 a.C. che nel 2000 d.C., l’esigenza è la stessa: essere inclusi in una comunità e considerati una comunità. Ecco che ore e ore a lavorare online per la creazione del proprio avatar o per la pubblicazione del proprio profilo social nella piattaforma più popolare danno spazio a piccole evoluzioni diventate fondamentali  quanto necessarie per il raggiungimento di quell’obiettivo tanto difficile da raggiungere: la costruzione della propria identità. Così, l’avatar di gioco, armato e attrezzato con bombe e fucili per le battaglie online, ha sostituito lo scontro dei mitici soldatini verdi e delle battaglie con i Lego. Che siano “fisici” oppure online si tratta comunque di giochi di ruolo che permettono al giocatore ad interagire col mondo esterno attraverso la creazione di situazioni immaginarie, di scoprire e apprendere senza essere bloccati da paure, timori o preoccupazioni. Liberi di decidere e agire, acquisiscono competenze in una situazione, immaginaria appunto, che tutela e protegge.  

Oltre tutto gioco è espressione: di vissuti, stati d’animo ed emozioni spesso non facili da gestire come la rabbia, che nei luoghi “virtuali” è di certo più consentita e a volte, giustificata.

Gli anni sono passati, il sistema educativo è cambiato e i “giovani d’oggi” non sono più figli ribelli di un’infanzia costretta, ma adolescenti a volte fin troppo consapevoli di affettività, relazioni e di ciò che è stato fatto per loro; fin troppo in relazione con i genitori che, inevitabilmente, hanno sviluppato un sistema familiare relazionale più empatico ed affettivo. La realtà virtuale consente di socializzare ed esprimersi senza troppa paura dei pregiudizi, rendere alcuni vissuti più tollerabili perché condivisi o agiti insieme. La rete quindi non rappresenta sempre una perdita di tempo o una minaccia per cui preoccuparsi (troppo). La rete può diventare un antidolorifico ai vissuti di tristezza e solitudine, un’attenuante alla rabbia, all’ansia e alla paura del futuro, una stanza in cui tutto diventa possibile e i sogni, le fantasie e l’immaginazione prendono forma e si fanno spazio, libere di esistere.

In questo modo la rete può diventare un’amica confidante, una difesa protettiva ad una realtà fuori che spaventa e chiede sempre di più. Per questo è importante rispettare gli “spazi virtuali” dei nostri giovani esploratori: non demolirli ma piuttosto, visitarli e consultarli assieme per condividere e comprendere non solo le loro esigenze ma anche i loro stati d’animo. Cercare di capire a quale bisogno corrisponde l’uso o l’abuso di internet (soprattutto un utilizzo disfunzionale) quali le preoccupazioni o la rabbia che si celano dietro la creazione di un avatar che non rispecchia per niente l’aspetto dello stesso giocatore, quali insicurezze si nascondono in un profilo di Instagram un po’ troppo provocante. 

Cosa vogliono trovare nella rete e da cosa vogliono scappare? 

La crescita impone inevitabilmente dei salti evolutivi e dei cambiamenti sul piano corporeo, cognitivo ed emotivo che non sempre si riflettono in modo omogeneo e uniforme su tutti e tre i piani. A volte capita che non si sia psicologicamente pronti per un aumento di taglia al seno, per il cambio improvviso della voce o per i richiami ormonali dei primi amori, che rischiano di spezzare l’equilibrio tra il “chi sono” e il “chi voglio diventare” con un prematuro e angosciante “chi dovrò diventare”. E questo non è facile da capire (per i nostri ragazzi) e non è facile da captare (per i genitori).  

E’ qui che si innesca il lungo processo di conoscenza profonda dei nostri giovani esploratori e non possiamo pretendere, né tanto meno provare, ad arrestare il futuro. Ciò che è importante capire è che la rete non è essa stessa la causa della dipendenza da internet o del ritiro sociale, come tanti possono ritenere, ma un estremo tentativo di restare lì, in quella realtà, scappando da qualcosa che in questa realtà, angoscia, terrorizza o semplicemente, non piace. 

Tanto quanto qualunque altra situazione complessa, anche nella rete ci sono sicuramente dei grossi rischi che devono essere spiegati e compresi consapevolmente insieme. Se sapremo apprezzare e rispettare le loro esigenze, potremo aiutarli ad intraprendere al meglio il loro percorso di crescita.