Homoworld

di Rosa Olga Nardelli

Ti svegli col suono della radiosveglia che dedica canzoni a coppie dello stesso sesso. Non appena ti siedi per fare colazione, il tuo sguardo cade sulla scatola dei cereali che raffigura i benefici delle vitamine e dei minerali contenuti attraverso una famiglia che corre in un campo di grano: due padri, il loro figlio e un setter irlandese. Accendi la televisione e trovi una trasmissione in cui parlano dei nuovi ritrovati cosmetici per le drag queen.

Esci per andare a lavoro, incroci alcuni vicini che ti salutano: Melissa e Iris e più avanti Giovanni e Michele. Non appena sali sulla metro, guardi la pubblicità che hai intorno per passare il tempo: la più conveniente assicurazione di viaggio per le coppie omosessuali, la pubblicità del reggiseno: “Fatevi avanti, ragazze”.

Alla fermata successiva sale un uomo e qualcosa ti fa sospettare che anche lui sia eterosessuale. Lui incrocia il tuo sguardo e ti fa un sorriso come segno di averti riconosciuto. Tu pensi: “Allora sei anche tu etero, ma forse nessun altro qui lo ha notato”! Ridi tra te e te e ti diverti dell’esclusività del contatto.

Arrivi a lavoro, una tizia dell’amministrazione sta mostrando delle fotografie delle vacanze che ha appena fatto con la sua fidanzata a Lesbo. Non appena ti avvicini al gruppo, ti viene chiesto: “Dove hai trascorso le tue ultime vacanze?”. Tu ammetti che eri a Corfù, una destinazione ben nota per le vacanze eterosessuali, e ti chiedono con chi ci sei stata. Alla fine della giornata, le persone vanno per un drink al gay bar più vicino. Alcuni portano i rispettivi partner. Tu inviteresti il tuo, sapendo che potrebbero esserci in giro dei colleghi? Colleghi di cui non conosci le opinioni sull’eterosessualità. Oppure vai per un paio d’ore e poi vai via? Senza davvero altre valide alternative, decidi di andare dritta a casa. Non appena prendi la decisione, ti arriva un sms del tuo fidanzato che dice di incontrarvi alla fermata della metro sotto casa, visto che anche lui sta rientrando. Tu sorridi e un collega che non conosci bene cattura il tuo sguardo e ti dice: “È un messaggio della tua ragazza? Come si chiama?”. Che fai? Menti o dici di essere troppo impegnata per una relazione? Ti chiedi quale sarebbe la loro risposta se uscissi allo scoperto: accettazione completa; totale mancanza di interesse e cambio di argomento a causa dell’imbarazzo; oppure potrebbero immaginare che adesso hanno la facoltà di farti delle domande personali visto che “alcuni dei loro migliori amici sono eterosessuali” e anche loro sono stati in un bar per etero e non hanno alcun problema, tipo: “Quindi da quando sai di essere etero?” “Che peccato, non avrei mai detto fossi etero” “I tuoi genitori lo sanno?” “Il sesso è meglio?”

Alla fine raggiungi la fermata della metro di fronte casa e, come promesso, il tuo fidanzato è lì che ti aspetta. Senti un senso di sollievo nel vederlo e realizzi quanto sei stanca. Ma lo accogli baciandolo davanti a tutte le persone che ci sono intorno? Non appena ti incammini verso casa e percorri una strada tranquilla, cominciate a prendervi per mano, contenti del contatto. All’improvviso, un gruppo di giovani gira l’angolo e voi li lasciate passare. Avranno visto che vi tenevate per mano? Andranno a dire qualcosa in giro per deridervi? O peggio ancora, potrebbe degenerare in violenza? Subito affrettate il passo, arrivate dietro la porta di casa e ve la chiudete alle spalle insieme a un senso di sicurezza.

Decidete di ordinare una pizza. Il tuo compagno è in cucina quando suona il campanello e non realizza che tu hai già aperto. Ti dice che va lui ad aprire e tu noti che l’uomo della pizza sta cercando di nascondere una risata alla vista del tuo fidanzato che entra nell’ingresso dietro di te.

Vi sedete sul divano e accendete la TV. Niente incontra il vostro gusto:

Rai 1: il film “Quando Giovanni incontra Enrico”. 

Rai 2: una rassegna della versione contemporanea di Romeo e Dario.

Rai 3: i video più divertenti sui matrimoni omosessuali.

Canale 5: il Grande Fratello, con la puntata in cui il concorrente etero esce allo scoperto.

Italia 1: il miglior sesso gay. 

Decidi allora di sfogliare una copia dell’unico giornale per etero che ti sei ricordata di prendere l’ultima volta che sei stata in centro, visto che non puoi prenderlo nel tuo quartiere. Resti sorpresa dalla notizia di una manifestazione di baci dopo che a una coppia etero era stato chiesto di lasciare la sala d’attesa dell’aeroporto a seguito di una manifestazione pubblica di affetto.

Comunque, resti delusa quando leggi che la legge 29 ancora una volta non è stata votata dal parlamento, nel timore che, qualora le relazioni etero venissero riconosciute almeno nelle scuole, potrebbero portare le giovani adolescenti a voler sperimentare uomini più grandi, o i ragazzi donne più grandi. “Questo paese ha bisogno di mantenere alti i valori omosessuali che lo fortificano”.

Decidi di non leggere più il giornale e prendi il libro che hai appena comprato con tanto entusiasmo perché il protagonista era etero. Alla fine, scopri che il personaggio era una mediocre rappresentazione di tutti i clichès eterosessuali.

La fine di un altro giorno nell’Homoworld.

Homoworld è un testo ideato da Butler nel 2004, è la storia di una persona eterosessuale che vive in un mondo dove la maggioranza della gente è omosessuale. 

Tratto da “Educare alla diversità a scuola – scuola secondaria di primo e di secondo grado”, opuscoli tratti dal progetto omonimo, destinato alle scuole di ogni ordine e grado. Commissionati all’Istituto A. T. Beck –Terapia cognitivo-comportamentale di Roma da parte dell’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.

Tiziano, Michael, Ellen: l’importanza di essere visibili

di Rosa Olga Nardelli

Tiziano è un ragazzo di Latina, vive la sua adolescenza a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Ha una vita normale: famiglia semplice – mamma casalinga, papà geometra, un fratello più piccolo – e una tastiera Bontempi regalatagli per Natale. Deve fare i conti con la bulimia, tanto da arrivare a pesare 111 kg, e con i compagni che lo prendono in giro per questo. Ne esce grazie alla musica e imparando a suonare pianoforte, chitarra classica, batteria, intanto studia canto e canta in un coro gospel.

Michael nasce nel 1983 a Beirut, in Libano, e ad un anno di vita si trasferisce a Parigi a causa della guerra civile per approdare, infine, a Londra più o meno quando ha 9 anni. Col tempo impara a parlare inglese, francese, italiano, poi cinese, spagnolo e arabo, È figlio di una famiglia agiata, frequenta i migliori college, si destreggia tra la musica – compone canzoni sin da piccolo, spaziando dall’opera alla musica leggera – e la dislessia, che lo fa penare a scuola. 

Storie banali, sembrerebbe, con in comune la passione per la musica che li solleva da ciò che li rende “diversi” agli occhi degli altri, ovvero la bulimia e la dislessia. 

Eppure hanno ancora qualcosa che li lega: oggi sono due superstar internazionali della musica pop, Tiziano Ferro e Michael Holbrook Penniman Jr., in arte Mika

Poi c’è Ellen, canadese, figlia di un graphic designer e di una insegnante. Deve frequentare tre scuole diverse prima di diplomarsi nel 2005. È vegana, atea e si definisce una femminista. Comincia a recitare in piccoli ruoli a 11 anni, si fa prendere tantissimo da questa passione, fino a farne un lavoro vero e proprio. Diventa una star internazionale con X-Men e con Juno, per poi impegnarsi anche come attivista: parliamo dell’attrice Ellen Page.

In comune con Tiziano e Michael ha l’orientamento sessuale: sono tutti e tre omosessuali. E sono famosissimi tra gli adolescenti di tutto il mondo.

Che importanza ha, per un ragazzino o una ragazzina della periferia d’Italia, sapere che queste superstar, lontane anni luce da lui/lei, sono omosessuali? La risposta è fin troppo semplice, quasi banale: sono personaggi famosi e visibili e fanno sentire quel ragazzino e quella ragazzina meno soli.

Il vissuto di un adolescente che sta scoprendo la propria omosessualità, spesso, è quello di sentirsi l’unico al mondo: “in una fase in cui gli adolescenti imparano a socializzare, gli adolescenti omosessuali e bisessuali imparano a nascondersi” (Herek, 2016).

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Questa solitudine l’abbiamo letta nella testimonianza di Diego: “Ho sempre saputo di essere gay, eppure per anni l’ho negato a me stesso, perché mi faceva sentire diverso dagli altri attorno a me. Mi credevo l’unico al mondo, l’unico in chissà quanti chilometri e mi chiedevo costantemente perché dovesse capitare proprio a me”. Lo abbiamo sentito da Giacomo: “al mondo, ne ero certo, omosessuali eravamo solo io e Renato Zero! Immaginatevi lo stupore quando quest’ultimo negò di esserlo: rimanevo solo io…”. E proprio alle parole di Giacomo ci affidiamo per comprendere lo stato d’animo che un adolescente si porta dietro: non importa se si è adolescenti nel 2020 o nel 1980, non importa se si vive a Londra, a Latina o a Spilimbergo: se “uno famoso” nega la propria omosessualità la solitudine che quella ragazzina o quel ragazzino provano è dirompente e disarmante. Giacomo lo definisce “il terrore”.

Conosciamo ormai le conseguenze a cui questa solitudine può portare, ma forse è il caso di soffermarsi sui benefici della visibilità di persone famose come Mika, Tiziano Ferro ed Ellen Page, ma anche di persone comuni come Diego e Giacomo.

Il coming out di un personaggio famoso contribuisce a normalizzare il costrutto di omosessualità nella rappresentazione della società. Non bastano le storie di fantasia lette nei romanzi o viste nei film; gli adolescenti hanno bisogno di persone vere, vogliono specchiarsi nei loro volti e riconoscersi nelle loro storie, hanno bisogno di raccontarsi che le persone con orientamento omosessuale esistono e vivono nel loro stesso mondo. Tanto meglio se poi, a raccontare la propria storia di coming out, ci sono anche le persone che li circondano: Giacomo che fa il grafico, Diego che lavora come operaio, l’insegnante di inglese, l’allenatore di rugby, la propria pediatra, l’elettricista che ha aggiustato il frigo, l’imprenditrice per la quale lavora il papà, la parrucchiera dietro casa, il libraio, il programmatore che ha sistemato il pc, la direttrice della banda della scuola, Il campione dell’Eredità, il commesso del negozio di scarpe, l’avvocata che sta parlando in TV, e via dicendo.

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Il concetto di visibilità, dunque, diventa un concetto molto importante, poiché è il risultato del processo di accettazione di sé (coming out) che permette ad una persona omosessuale (o bisessuale) di vivere la propria identità alla luce del sole. Ha a che fare con il sentirsi liberi di dire cose che, in altro modo, sarebbero difficili da dire, per esempio di essere andati al cinema con il proprio fidanzato, o raccontare di aver fatto delle splendide vacanze a Parigi con la propria compagna. E ha anche a che fare con la possibilità di denunciare episodi spiacevoli: ad esempio di venire costantemente prese in giro a scuola per essersi prese per mano in classe, o di essere stati aggrediti per aver partecipato ad un Pride ed avere un arcobaleno disegnato sulla maglietta.

Quindi, cosa possiamo fare? Possiamo raccontare le storie di coming out ai ragazzi. Facciamogli conoscere i tanti Ellen, Diego e Michael in tutti i campi, non solo in quello della musica o dello spettacolo. Tante persone, donne e uomini, che vivono una vita “banale” (con le dovute virgolette, nell’accezione di “quotidiana, comune”) e che sono più vicine di ciò che si pensa.

Raccontiamo agli adolescenti di storie belle e brutte, di coming out lisci come l’olio e di rivelazioni che hanno sfasciato intere famiglie; di vite vissute alla luce del sole e di altre che hanno dovuto affrontare continui pregiudizi e discriminazioni sul lavoro e nel privato, di storie a lieto fine e di altre conclusesi tristemente. Raccontiamogli del suicidio del “ragazzo coi pantaloni rosa”, che è arrivato a tanto perché non ne poteva più di essere offeso e deriso a scuola; diciamo loro che ci sono educatori che, poiché dichiaratamente omosessuali, hanno dovuto abbandonare il loro lavoro pur avendo studiato anni per svolgerlo perché alcuni genitori non li volevano accanto ai propri figli; ma raccontiamo loro anche di coloro che si sono presi carico della storia propria ed altrui e sono diventati attivisti, impegnandosi ogni giorno nelle battaglie per i diritti, e poi parliamo loro di quel dirigente scolastico che non ha cancellato la scritta “preside gay” sui muri della scuola dove lavora, perché per lui essere gay non è un’offesa e perché voleva lasciare un insegnamento ai suoi studenti.

Passiamo loro il messaggio che l’orientamento sessuale è una caratteristica dell’individuo, come il colore marrone degli occhi, il saper risolvere i problemi matematici, il fatto di odiare i peperoni, la passione per la Nutella invece che per la marmellata, o la predilezione per stendere i calzini accoppiati per colore invece che sparpagliati sullo stendino.

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