Covid-19 parte 2

di Sara Feltrin

Ripartiamo da ciò che abbiamo imparato, dalla nostra vulnerabilità.

Parla chiaro il nuovo DPCM del 24 ottobre 2020 e parla di un pericoloso picco di contagi che potrebbe compromettere ancor di più la salute degli italiani e del popolo mondiale. Così, via libera a restrizioni, coprifuoco e indicazioni strettamente consigliate. Così, il nuovo decreto ci pone davanti a quell’immaginario tanto temuto quanto forse non preso troppo sul serio, che il Virus sarebbe tornato a seminare panico, terrore, paura, sconforto, senso di fallimento collettivo ma soprattutto, quel senso di vulnerabilità a cui a fatica ci eravamo abituati e che presto abbiamo abbandonato. 

D’altronde, era inevitabile.

Il Virus che a marzo ci aveva messo alle strette, portando ognuno di noi ad interrogarci sui nostri bisogni e stili di vita per riordinare priorità e trovare un compromesso tra noi e gli altri, è tornato a porci davanti a quello stesso specchio che ora riconosciamo bene ma, come qualche mese fa, facciamo fatica a guardarlo e guardarci dentro.

Così, ricominciamo.

Ricominciamo a fare spazio in casa, ordine nella mente e ridimensionare le nostre abitudini. Ricominciamo a fare i conti con la nostra fragilità e la nostra vulnerabilità di esseri umani, non onnipotenti, che inevitabilmente trascinano con sé l’ansia di un futuro incerto e l’angoscia di un senso di sé costretto e bloccato nella propria autonomia, libertà e indipendenza, tasselli fondamentali per la realizzazione personale. 

L’epidemia ci ha bloccati di nuovo, ma questa volta noi abbiamo qualche carta in più: è un panorama che abbiamo già vissuto, dal quale qualcosa abbiamo imparato e dal quale possiamo ripartire. Non affrettandoci a supermercati e farmacie ma prendendo contatto con noi stessi prima di tutto, e con chi ci sta vicino. 

La pandemia da Covid-19 ci ha insegnato tante cose: 

  • Ci ha insegnato che la collettività, la collaborazione e il senso di comunità sono fondamentali e che i piccoli gesti possono diventare i grandi cambiamenti.
  • Ci ha insegnato la possibilità di poter lavorare e studiare da casa, imparando a gestire orari e responsabilità in autonomia e (per chi più, per chi meno) indipendenza, migliorando la flessibilità al cambiamento.
  • Ci ha insegnato a fermarci: non più succubi delle incombenze a rincorrere affannosamente il tempo ma guidarlo e gestirlo in base ai nostri bisogni. 
  • Ci ha insegnato a stare in famiglia: che non è più una dimensione così scontata ma è parte di noi, del nostro passato, presente e futuro. Riscoprire noi stessi nel nucleo familiare e il rispetto per gli altri, la loro presenza, i compromessi, le attese, l’ascolto, il dialogo, i litigi, le discussioni e il fare la pace. 
  • Ci ha insegnato a fare amicizia con l’incertezza: accettare che non abbiamo sempre tutto sotto controllo e che l’incertezza del quotidiano fa parte della vita, dell’essere umano e come tale, possiamo imparare ad affrontarlo con serenità.
  • Ci ha insegnato, nonostante tutto, a coltivare le relazioni a distanza perchè gli amici, i colleghi e tutte quelle persone che quotidianamente diamo per scontate, possono mancare come l’acqua e, come l’acqua, ne abbiamo bisogno, perchè ci danno quel senso di appartenenza e comprensione che non sempre possiamo trovare a casa. 
  • Ci ha insegnato, soprattutto, a prenderci cura di noi stessi, a dare spazio a quelle passioni e a quegli interessi che forse avevamo messo da parte perchè già troppo saturi di impegni.   

Quindi, caro Virus, sarai anche potente e pericoloso, ma non ci spaventi, perchè possiamo ripartire da quello che ci hai tolto e da quello che ci hai dato, con la consapevolezza acquisita durante questi mesi e la speranza che il futuro che vogliamo ci sta attendendo immune e di certo non smetterà di lottare.

Notte prima degli esami

di Sara Feltrin

Antonello Venditti

Scriveva così Antonello Venditti nel 1984 quando ancora la notte prima degli esami era fatta di serate con amici, una pizza con i compagni di classe tra grandi risate e qualche beffa ai professori, ma anche lunghi pianti, prime follie d’amore e, per alcuni, l’ultima sfida scolastica.

Notti insonni in preda all’ansia e all’immaginazione che non smetteva di pensare all’ultimo giorno di scuola, ai banchi occupati da quei compagni di scuola che forse mai, come in quel momento, rappresentavano solidi pilastri di un’identità collettiva e unita, elementi di conforto di un vissuto che, in quei giorni prima degli esami, solo loro avrebbero potuto capire: la maturità. O meglio, l’attesa per la maturità. Sì, perché la maturità mica arriva con la prova di italiano o di matematica, né tantomeno all’esame orale; anche perché insomma, agli esami ci si abitua prima o poi. E’ ciò che la maturità nasconde implicitamente che angoscia più di tutto: la maturità quella vera, quella che arriva quando non sai che arriva. Ma la senti perchè è lì, lì dietro l’angolo ad aspettarti. E sai che, da quel momento, tutto cambia. Tutto cambia: la scuola lascia spazio all’università o per altri al lavoro, i compagni di classe chissà, ognuno prende la propria strada, amori che vanno e amori che vengono, mamma e papà pronti a consegnare “le chiavi” per l’autonomia, responsabilità che aumentano, insomma: si diventa grandi. Volenti o nolenti, è ora di crescere. Tutto cambia e l’angoscia del futuro sale alle stelle. 

Ecco che, nella notte prima degli esami, il pensiero di rivedere per l’ultima volta i propri compagni di banco all’interno di quella classe che, come un’amica fedele, ha saputo contenere per anni gioie e dolori, la mamma e il suo abbraccio di conforto, il papà e la mano sulla spalla, diventano cure di sollievo, fondamenti sui quali costruire la propria identità, il proprio futuro, la propria vita.  

Ma non siamo nel 1984, siamo nel 2020 e l’immagine che salta in mente se pensiamo a esami di stato 2020 è, più o meno, questa:  

con un grande punto di domanda.  Seguito dall’ordinanza del Miur (O.M. del 16 maggio 2020) che cita: 

Esami del primo ciclo: L’esame di Stato delle studentesse e degli studenti coincide, quest’anno, con la valutazione finale da parte del Consiglio di Classe e terrà conto anche di un elaborato prodotto dall’alunno, su un argomento concordato con gli insegnanti.

Esami del secondo ciclo: Gli Esami del secondo ciclo avranno inizio il 17 giugno alle ore 8.30. Previsto, per quest’anno, il solo colloquio orale. I crediti e il voto finale si baseranno sul percorso realmente fatto dagli studenti.

Il Covid-19 ha destabilizzato tutto, ha anticipato senza alcun preavviso quel tutto cambia angosciante già di per sé. Nessuno era pronto e nessuno si sarebbe aspettato un colpo di scena così drastico. 

I nostri ragazzi e i nostri nuovi maturandi si prestano a lanciarsi in una nuova missione verso un territorio da mesi abbandonato e rivisitato in vesti diverse: non più l’ennesimo ritrovo tra compagni e professori, la lotta del prendersi i posti migliori tra i banchi e la forte sensazione di condividere insieme un’esperienza collettiva unica, ma un ritrovarsi con i professori allineati dietro dei banchi resi insipidi dal disinfettante e una mascherina che non lascia trasparire nemmeno l’accenno ad un sorriso amichevole di un rassicurante tranquillo, andrà tutto bene. E’ una maturità insolita che non ha dato la possibilità o meglio, l’opportunità, di vivere quell’esperienza unica, tra ansia e adrenalina, che ha contagiato i maturandi degli anni passati. Il lockdown ha impedito i momenti, forse più significativi, che colorano l’immaginario degli adolescenti in questo momento di crescita difficile e delicato: l’ultima gita scolastica, l’ultima settimana di scuola appesantita dalle interrogazioni di recupero ma alleggerita dal calore del sole di giugno che apre le porte all’estate, agli ultimi giorni di autogestione, al suono dell’ultima campanella, agli ultimi scambi di sguardi celati e agli ultimi baci segreti durante la ricreazione, fanno il saldo di tutte quelle esperienze d’oro che per mesi hanno fantasticato e sognato all’interno delle loro stanze, tra videochiamate e social network. Hanno fatto i conti con loro stessi, con ciò che vorrebbero e non vorrebbero, con ciò che avrebbero fatto appena usciti dal lockdown, una considerazione su qualche amicizia persa e per alcuni un maggiore apprezzamento all’ambiente di casa.

La scuola non rappresenta più solo il luogo in cui imparare e sperimentare il successo scolastico e prestazionale, ma è diventata il luogo in cui più di ogni altro, si lotta alla valorizzazione e al successo personale e affettivo. E’ diventata una seconda casa in cui ognuno investe in tante relazioni affettive e, come succede a casa, se queste relazioni sono sane e positive allora favoriranno maggiormente partecipazione e apprendimento; al contrario, se queste relazioni dovessero rivelarsi mendaci e deludenti, allora tutto il palco crolla: ascolto, partecipazione, apprendimento, relazioni e, di conseguenza, valorizzazione personale. 

Un momento in cui, per gli adolescenti del giorno d’oggi la ricerca al rispecchiamento (condivisione di sentimenti ed emozioni), all’essere cioè riconosciuti, ammirati e valorizzati si rivolge prevalentemente nella cerchia dei coetanei che molto spesso vengono percepiti, a scapito degli adulti, più competenti nel riconoscere e valorizzare le loro modalità espressive e creative (Matteo Lancini, Adolescenti navigati).

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha letteralmente sradicato i nostri ragazzi fuori del loro habitat naturale (la scuola, le piazze, il cinema o qualche centro commerciale) impedendogli vicinanze, fisiche ed emotive, fondamentali per la crescita, la costruzione della loro identità, per quel famoso diventare grandi che la prova di maturità, questa maturità ancor di più, sembra imporre.

Penso principalmente ai maturandi o coloro che dovranno salutare la loro scuola per affrontare, a settembre, il critico passaggio alle scuole medie o ancor più determinante, all’università o al lavoro. In questo momento in cui l’incertezza regna sovrana, trovare un luogo di attracco quanto più sicuro e fermo non è per niente semplice. “Sto cambiando io, stanno cambiando le mie idee, sta cambiando il mondo là fuori e non c‘è niente di fermo.” 

Con i test di ammissione e gli open day delle università rimandati, è diventato ancora più difficile prendere decisioni; e l’insicurezza del futuro, di questo futuro post Covid-19, porterebbe anche lo studente più deciso e convinto a mettere in discussione le proprie priorità e le proprie scelte. D’altronde come può un adolescente che sta crescendo e cambiando, vedersi proiettato verso una realtà che sta cambiando a sua volta? Come è possibile pensare ai prossimi mesi, o per i più caparbi al prossimo anno, quando oggi non sappiamo nemmeno se programmare le ferie delle prossime settimane? Beh, una cosa è certa: potranno raccontare ai loro nipoti di essere stati dei veri e propri sopravvissuti ad una delle più grandi epidemie mondiali degli ultimi secoli, ma soprattutto, potranno vantare l’onore di aver affrontato una delle più grandi sfide personali.

La sospensione del lavoro ai tempi del Coronavirus

di Alessandra Vignando

In questi giorni siamo costretti a casa e quelle che erano le nostre quotidiane attività sono sospese nell’attesa che l’emergenza si risolva. Probabilmente questa situazione genera in molti di noi sentimenti di paura e di ansia rispetto a quanto accade e a cosa accadrà. L’evento Coronavirus comporta e comporterà significativi turbamenti, anche professionali, che vanno ad aggiungersi a quelli che, da diversi anni ormai, ci richiedono mutamenti nei percorsi di carriera e nei ruoli lavorativi. 

Questa situazione, che di certo ci spaventa, può rappresentare però anche l’occasione per riflettere su chi siamo noi professionalmente, su quale parte di noi stessi operiamo e sviluppiamo nel nostro agire quotidiano. 

Il doverci fermare oggi è diverso dal tempo delle ferie o delle vacanze. Stare con noi stessi ci dà l’opportunità di farci delle domande su come siamo quando lavoriamo e su come questo nostro essere influenzi il resto della nostra vita. 

Nella normalità, le nostre giornate sono ritmate e condizionale dalla nostra vita lavorativa. Le nostre relazioni sono anche il riflesso di ciò che ci accade durante le ore passate al lavoro. 

Oggi accade qualcosa di diverso: il lavoro si sospende, assume nuove forme e le nostre giornate si svolgono diversamente. Cambia anche il nostro modo di osservare la quotidianità, magari il tempo a disposizione ci permette di imparare cose nuove, di vivere sensazioni o sentimenti diversi, facciamo nuove esperienze pur restando a casa. 

La nostra vita psicologica può essere vista come un processo continuo di apprendimento, di costruzione e di ricostruzione. E’ attraverso l’incontro con gli eventi della vita che modifichiamo o confermiamo il modo di vedere e dare significato alle cose. 

Quanto sta accadendo oggi richiede a tutti noi di rapportarci con le restrizioni al nostro movimento e alla nostra operatività, ma ci può offrire l’occasione per scoprire risorse personali a cui non davamo importanza, per improvvisarci nel risolvere criticità o riaprire cassetti che tenevamo chiusi. 

Non sappiamo quanto durerà questo periodo e come riprenderà il nostro lavoro. Questi giorni però, possono aiutarci a riflettere su come vorremmo operare domani, su quali saperi e abilità vogliamo continuare ad investire o quali talenti rispolverare

Usiamo questo tempo come occasione che mai avremmo potuto concederci per pensare un po’ a noi e a come possiamo esprimere le nostre qualità. Quando questo tempo sarà passato, dovremmo ripartire e avere maggior consapevolezza di noi ci aiuterà a tenere a fuoco i nostri obiettivi e a valorizzare le nostre risorse